Claudio Ripa

Il 24 maggio 2024, poco prima di compiere 91 anni, è mancato Claudio Ripa due volte Tridente d’Oro: nel 1961 per le Attività Sportive e nel 2002 per la Carriera. Con Folco Quilici sono gli unici Accademici ad aver ottenuto un secondo Tridente con questa motivazione.

È stato un grande atleta che ha vinto molte gare di Pesca Subacquea a livello nazionale e internazionale ed un tecnico di questa specialità ricoprendo in più occasioni il ruolo di capitano della squadra nazionale.

È stato fra i primi ad iniziare nel 1955 la pesca professionale del corallo ad alta profondità con autorespiratori ad aria con Ennio Falco, Alberto Novelli (Tridente d’Oro 1963), Leonardo Fusco, Raimondo Bucher (Premio Speciale Persone 1960). Per queste esperienze in alto fondale la FIPS (oggi FIPSAS) gli affidò più volte l’incarico di commissario subacqueo a vari record di profondità in apnea come quello di Maiorca a -87 mt. e di Mayol a -92 mt. Per l’insieme di queste attività il CONI gli conferì la Medaglia d’Oro al Valore Atletico.

Il nome di Claudio Ripa resterà indissolubilmente legato al Parco Sommerso di Baia, in provincia di Napoli, da lui protetto e valorizzato con altri dopo aver raccolto le testimonianze di alcuni pescatori che indicarono i punti sui quali immergersi e scavare. La zona di Baia era preferita dagli imperatori augustei per le loro residenze estive ma, essendo altamente sismica, nei secoli fu vittima di bradisismo a causa del quale le ville imperiali finirono sott’acqua. Tra il ’68 e il ’70 furono ritrovati, coperti e inglobati dalla vegetazione marina resti di ville, mosaici, colonnati, statue come la statua del Fauno, circa mille lucerne, molte delle quali avevano pregi artistici apprezzabilissimi, le statue di Ulisse e di Bajos, il suo nocchiere. Poi l’altare Nabateo e lo straordinario Ninfeo che documentava la ricchezza dei luoghi nei quali gli imperatori e le loro corti consumavano il loro tempo. Ha fondato a Baia il primo centro dedicato esclusivamente all’archeologia subacquea.

Nella sua intensa vita è stato giornalista pubblicista e fotoreporter, scrivendo e pubblicando le sue fotografie subacquee su diverse riviste come Mondo Sommerso, Il Subacqueo, Skin Diver, National Geographic e tante altre.

Autore di diversi libri e protagonista di molte trasmissioni televisive ha svolto attività scientifiche collaborando con la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Ha partecipato ad alcune campagne della nave oceanografica “Bannok” e per molti anni ha collaborato con l’istituto di Medicina del Lavoro dell’Università Federico II di Napoli per il corso di medicina Subacquea e Fisiologia dello Sport, tenendo esercitazioni teoriche e pratiche di immersione.

È stato fra i fondatori della nostra Accademia e suo Vicepresidente. Il Presidente Pertini lo nominò Cavaliere della Repubblica

Il contributo di Claudio Ripa alla ricerca archeologica subacquea

Nel mondo della subacquea, quello di Claudio Ripa è un nome leggendario: apneista eccezionale, campione sportivo, fotografo, giornalista, pioniere dell’archeologia, Claudio Ripa è stato protagonista di una infinita serie di avventure nei mari di tutto il mondo, che in parte ho sfiorato nei suoi racconti e maneggiando, con Sergio Coppola, il suo incredibile archivio fotografico.
Il suo contributo nel campo della ricerca archeologica sottomarina è stato lungo e prezioso: da quando il Golfo di Napoli ha iniziato a mostrare il suo eccezionale patrimonio subacqueo, Claudio è stato presenza fissa in ogni immersione, in ogni recupero, in ogni attività di documentazione svolta tra Baia, Capri, Pozzuoli, Miseno, Sinuessa, sempre accanto ai grandi dell’archeologia, da De Franciscis in poi, sempre lavorando per la ricerca e contrastando le attività dei saccheggiatori.

Gli si attribuisce talvolta la scoperta di Baia sommersa,  ma Baia non fu scoperta da Claudio Ripa così come non fu scoperta durante il famoso volo del comandante Bucher (esistono  moltissimi riferimenti alle strutture sommerse baiane sin dal Settecento, per non parlare dei numerosi reperti di provenienza subacquea confluiti al Museo di Napoli già dal XVIII secolo); Claudio ebbe però l’innegabile merito di esplorare per anni quei mari con l’abilità che lo contraddistingueva, e di seguire con grande capacità  tracce e piste a volte sfuggenti, fino a quelli che furono di fatto dei grandi ritrovamenti, come le oltre mille lucerne di Portus Julius, o i materiali iscritti dal tempio nabateo; peraltro, pur non definendosi mai archeologo, dimostrò grandissima competenza e sensibilità archeologica, documentando i contesti, effettuando posizionamenti precisi e trattando i materiali esattamente come avrebbero fatto gli archeologi, che, a dirla tutta, soprattutto negli anni in cui più intensa è stata l’attività di Claudio, non entravano ancora in acqua, ma si limitavano a coordinare le operazioni dalla barca.

A lui devo molto: vent’anni fa mi condusse letteralmente per mano da Guglielmo Fragale, Enzo Maione, Marcello Bertolaso e Gennaro Bianco al Centro Sub Campi Flegrei, e mi diede il mio primo brevetto da sub. Poco dopo andammo insieme a un EUDIShow, dove lui venne ricevuto da star, e mi presentò molti dei grandi della subacquea con cui ancora oggi ho contatti. Alcuni anni più tardi mi aiutò a ricostruire insieme a Stefano Iavarone la storia del relitto di età tiberiana del porto di Bacoli, saccheggiato negli anni Sessanta ma ancora in parte ricostruibile dalle poche tracce rimaste: lui ci era stato più volte, e aveva fotografato tutto prima che il carico di anfore vinarie di produzione vesuviana venisse quasi completamente depredato.

Più recentemente, ha offerto dati preziosi sul tempio sommerso  dei Nabatei a Puteoli: una parte dei reperti confluiti nelle collezioni del Museo Archeologico dei Campi Flegrei era stata localizzata proprio da Claudio, già strappata all’edificio e pronta per sparire lungo i rivoli del mercato clandestino. Grazie ai suoi filmati, alla sua abilità nel documentare le strutture, le murature e gli spazi circostanti oltre ai reperti più significativi, in un tempo in cui la Ripa Puteolana era una distesa di acque torbide e inquinate da scarichi industriali, la rilocalizzazione del tempio è stata possibile in poche fortunate immersioni.

Amico fraterno di mio padre e della mia famiglia, Claudio è stato il mio padrino di battesimo, e un modello d’ispirazione per me come per tantissime altre persone che hanno deciso di dedicare la vita al mare. Mancherà a tanti, ma, ne sono certo, per lungo tempo verrà ricordato con affetto e gratitudine.

 

Prof.Michele Stefanile